Loggia P2, quarant’anni da non dimenticare
Il 17 marzo 1981, quarant’anni fa, venivano rinvenuti gli elenchi della loggia Propaganda 2. Un elenco di 962 nomi, custodito dal gran maestro della loggia, Licio Gelli, nella sua villa di Castiglion Fibocchi (Arezzo). Un elenco definito incompleto sia dalla commissione parlamentare d’inchiesta guidata dall’on. Tina Anselmi, sia dallo stesso Gelli che in un’intervista all’Espresso dichiarò, poi ritrattando, che la P2 era formata in realtà da 2500 persone. Ma già i nomi scoperti facevano tremare i polsi: della lista facevano parte due ministri, 44 parlamentari, 43 generali e l’intero vertice dei servizi segreti, manager, imprenditori – tra cui Silvio Berlusconi – e banchieri (tra cui Roberto Calvi e Michele Sindona), 5 prefetti, 11 questori, magistrati e giornalisti come Maurizio Costanzo.
Dopo la scoperta degli elenchi, la maggior parte degli iscritti alla loggia avrebbe continuato la propria carriera professionale con incarichi prestigiosi e di responsabilità. La forza eversiva della loggia P2 era data dal fatto di essere una rete di potere, non certo a causa del suo gran maestro, Licio Gelli, un venditore di materassi entrato in massoneria negli anni ’60. Una rete formata da 962 (forse 3 mila) impuni, che speravano di avere un ruolo nel nuovo assetto di potere prospettato dal disegno eversivo della loggia.
Tra i 962 membri della P2, molti hanno detto di averne fatto parte a propria insaputa o addirittura per errore. Altri hanno paragonato la loro partecipazione a quella di una specie di circolo ricreativo. Eppure, gli obiettivi della loggia non erano certo innocenti e nonostante la magniloquente vaghezza dei suoi propositi si era creato un sistema di potere parallelo a quello delle istituzioni ufficiali, che intesseva rapporti, fra gli altri, con i corleonesi, la camorra, l’estrema destra eversiva, lo Ior vaticano, la banda della Magliana. Ma che intanto arruolava per il suo “Piano di rinascita democratica”, documento sequestrato nel 1982 alla figlia di Licio Gelli, da cui cito testualmente, “uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie”. Sulla P2 fu aperta un’inchiesta giudiziaria, che poi da Milano fu trasferita a Roma, il famoso “porto delle nebbie”. Alla fine fu tutto archiviato e, complessivamente, tutta quella vicenda sembra finita nel dimenticatoio.
In anni più recenti, però, Licio Gelli è stato riconosciuto dai magistrati come uno dei mandanti della strage di Bologna. E le vicende della P2 si intersecano con tante trame e misteri italiani ancora irrisolti. Il magistrato Giuliano Turone – che assieme a Gherardo Colombo scoprì gli elenchi della P2 – definì Gelli un “notaio di un sistema occulto”, guidato da persone rimaste sconosciute.
Le mezze verità di questi quarant’anni impediscono di dimenticare e di mettere la parola fine a quello che è successo. Se non con i tribunali, visto che molti dei protagonisti di questa vicenda sono ormai morti, la storia della P2 deve fare ancora i conti con la storia della nostra repubblica.