Gogna mediatica e la Domenica delle Palme
Successe circa duemila anni fa. Il popolo lo acclamava e gli stendeva tappeti di palme. Quelle stesse persone, dopo pochi giorni, preferirono liberare un terrorista e mandare a morte Gesù, sebbene non avesse commesso reati.
Oggi è la Domenica delle Palme. Non vi parlerò di religione, ma mi piace prendere spunto dal racconto del Vangelo per alcune considerazioni. Mi sono sempre chiesta cosa fosse successo nel popolo per fargli cambiare idea così repentinamente e mi ha sempre indignato il senso di ingiustizia della decisione di mettere a morte Cristo, senza che nessuno avesse il coraggio di fare la ‘cosa giusta’, lasciando che fosse l’umore del popolo a decidere.
Successe circa duemila anni fa. Ma avviene ancora oggi e ci sono tre punti su cui mi piacerebbe riflettere.
Il primo: acclamazioni, tripudi, servilismo fino a quando si è sulla cresta dell’onda, poi il vento cambia , cambiano le mode, e quella stessa persona non è più nulla. Una specie di fenomeno ‘divismo’, che però adesso si applica anche alla politica, dove al posto degli ideali per la costruzione della nostra società, ci si ‘innamora’ del politico, lo si tratta come fosse il Verbo, dimenticando quello che dovrebbe stare alla base, ovvero l’idea di mondo che vogliamo realizzare. Passato il tripudio, i suoi sostenitori saranno i primi a scaricarlo, a tradirlo.
La seconda riflessione è il lato privato della prima e riguarda l’importanza di essere sé stessi. Ho conosciuto tempo fa un generale, una persona che pensava di poter arrivare al vertice massimo della sua istituzione, una persona che dietro quel grado faceva il bello e il cattivo tempo. Poi è andato in pensione ed è rinsecchito. Perché dietro quel grado non c’era nulla. Certo questo non avvenne con Cristo. Dopo essere stato portato in tripudio, fu spogliato di tutto e crocifisso, ma dimostrò la sua natura divina (e nel contempo umana) quando risorse. Prima di cercare un ‘riconoscimento’ dall’esterno – del tutto legittimo, ci mancherebbe – è necessario avere una propria personalità, proprie idee: possiamo smettere di essere generali, non possiamo smettere di essere noi stessi.
La terza e ultima riflessione domenicale è forse la più importante e riguarda l’ingiustizia e la persecuzione. Cristo non rinnegò mai quel Dio che lui chiamava padre, nemmeno quando il dolore era così forte da chiedergli di allontanare il calice amaro. Ma fece il suo dovere fino in fondo. Tra Cristo, che predicava la misericordia, e Barabba, il capo delle sanguinose rivolte organizzate contro i romani, il popolo scelse di salvare Barabba e mandare a morte Cristo. Era innocente, ma non importava. Non ci vedete in questo una similitudine con le gogne mediatiche che vengono montate ad arte per attaccare persone ree solamente di fare il proprio dovere? E a volte è impossibile ripristinare la verità dei fatti, perché le grida sono talmente forti da non lasciare spazio alle spiegazioni. Riflettiamoci, impariamo ad approfondire le cose, a cercare di capirle veramente, senza accontentarci della superficie, per non trovarci anche noi a gridare Barabba.
Chiudo con un pensiero a tutti i perseguitati perché credono nella pace, nella libertà, nella giustizia. Perché siano sempre fermi nelle loro idee, nelle loro battaglie, anche quando quelli che oggi li acclamano, domani li manderanno a morte, preferendogli un bandito.
“La domenica delle salme/ gli addetti alla nostalgia/ accompagnarono tra i flauti/ il cadavere di Utopia” (Fabrizio De André, La domenica delle salme)