Contrasto alle mafie: riconosciute le buone pratiche italiane
Eppur si muove! Sono anni che al Parlamento europeo si parla delle necessità di un contrasto più deciso alla criminalità organizzata, anche di tipo mafioso. L’ultimo testo approvato è una risoluzione a mia firma in cui viene espressamente chiesto alla Commissione di rivedere la normativa europea esistente in materia di contrasto alla criminalità organizzata (risalente al 2008), prevedendo l’introduzione del reato di associazione mafiosa. Ma come sapete, il Parlamento non ha potere di iniziativa legislativa e la Commissione ha sempre fatto orecchie da mercante su questo tema.
Eppure ora qualcosa sembra muoversi. Certo, non fino a introdurre anche negli altri paesi il reato di associazione mafiosa, che esiste solo in Italia, ma nella “Strategia europea di contrasto al crimine organizzato 2021-2025” presentato nei giorni scorsi dalla Commissione ci sono ottimi passi avanti.
Tanto per cominciare è la prima volta che la Commissione presenta un piano organico per il contrasto delle organizzazioni criminali, riconoscendolo di fatto come una priorità.
Inoltre, nel rapporto c’è un riferimento specifico e non scontato alle mafie: “è cruciale incrementare lo smantellamento delle strutture di crimine organizzato, focalizzandosi su quei gruppi che sono più ad alto rischio per la sicurezza dell’Europa e sugli individui ai vertici delle organizzazioni criminali. In questo senso, alcuni Stati membri hanno stabilito strutture a livello nazionale o corpi specializzati nelle forze dell’ordine e nella magistratura contro le organizzazioni di tipo mafioso”.
È evidente che il riferimento è al sistema italiano di contrasto alle mafie che, riconosce la Commissione, ha “mostrato efficacia” nei colpi inferti alle strutture criminali. Riconosce inoltre, che forze dell’ordine e magistratura specializzati facilitano la cooperazione transnazionale.
Terzo punto importante nella Strategia della Commissione è che, parlando proprio di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, indica l’intenzione di “promuovere lo scambio di buone pratiche per facilitare la replica di questi modelli negli Stati membri, adattati alle specificità nazionali”. Questo significa il riconoscimento da parte della Commissione della necessità di estendere il modello italiano usato nella lotta alle mafie. Un modello, che deve necessariamente passare anche per l’estensione della nostra legislazione antimafia agli Stati membri.
Infine, un punto su cui riflettere: la Commissione riconosce nelle confische dei beni un importante strumento di lotta contro le organizzazioni criminali, tuttavia al momento, solo l’1% dei beni di origine illecita viene individuato e confiscato. Bisogna porre rimedio, visto che i guadagni annuali dei gruppi criminali nell’UE ammontano a 139 miliardi di euro l’anno.
Un dato che dimostra come la strada da percorrere sia ancora tanta, ma il segnale dato dalla Commissione va nella direzione giusta. Terremo monitorata la situazione per essere sicuri che i buoni propositi non rimangano solo sulla carta, ma che si agisca in maniera concreta per realizzarli.