Difendere la libertà di stampa con la censura
Una delle prime vittime della guerra in Ucraina è stata certamente la libertà di stampa e la ‘possibilità di pensare’. Come vi dicevo nell’editoriale di ieri, l’obiettivo di questi scritti non è quello di analizzare cause e ragioni del conflitto o interpretarlo dal punto di vista geopolitico. Lo lascio fare agli esperti. Quello che voglio è porre dei punti su cui riflettere. Ieri abbiamo parlato delle armi. Oggi della libertà di stampa, che si collega anche alla libertà di esprimere il proprio pensiero. L’Europa, dopo essersi riempita la bocca di Stato di diritto (che comprende anche libertà e pluralismo dei media) decide di bloccare la diffusione di Russia Today e dell’agenzia Sputnik perché diffonderebbero fake news… Mi viene da ridere. Anzi da piangere. Con tutte le fake news diffuse da alcuni dei nostri media, in Italia dovrebbero essere chiusi la metà dei giornali e larga parte delle televisioni
Alle fake news non si risponde con la censura, ma con una corretta e completa informazione. Invece le risposte sono servizi dei tg della tv di Stato con immagini di videogiochi al posto di quelle reali, o articoli demenziali come, per esempio, quello sulla Corazzata Potëmkin, pubblicato dal Messaggero e altri due giornali del gruppo Caltagirone. Dopo aver scritto che il film è con Paolo Villaggio (film girato nel 1925, Villaggio nato nel 1932), il ‘giornalista’ scrive che si tratta di un episodio di guerra avvenuto a Odessa nel 1941 per denunciare “l’assurdità della guerra” raccontando un episodio di sterminio dei nazisti sugli ebrei con l’uccisione di molti civili. Peccato che il film riporti un ammutinamento del 1905 considerato alla base della rivoluzione bolscevica.
A proposito di corretta e completa informazione: avete visto che Rai, Ansa, Mediaset e altre testate hanno sospeso i servizi dagli inviati dalla Russia. Giusto tenere l’inviato quando non succede nulla; quando è importante esserci per dare notizie veritiere e di prima mano, invece, viene sospeso il servizio: strana logica. Certo è che la decisione è stata presa dopo che Marc Innaro, l’inviato Rai da Mosca, ha provato a fare un discorso leggermente più articolato sulla guerra di Ucraina. Il Pd ha scatenato l’attacco a palle incrociate contro di lui: un silenzio assordante per il servizio che manda in onda un videogioco di guerra spacciandolo per immagini dell’Ucraina e un attacco così pesante per un inviato colpevole di aver svolto semplicemente il proprio lavoro.
La Rai ha spiegato che la scelta di sospendere gli inviati si è resa “necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese”. Non autocensura quindi. La Duma ha varato una legge per condannare chi diffonde notizie ritenute false sulle forze armate russe. Un rischio, certo, Ma inviati e corrispondenti di guerra hanno corso ben altri pericoli in passato per descrivere quanto stava accadendo nei tanti conflitti mondiali, consegnandoci molto spesso verità molto lontane da quelle ufficiali delle forze in campo. Non mi è esattamente chiaro: gli inviati di guerra che cosa devono documentare di preciso? E come si fa a tutelare la massima libertà dell’informazione se non si è sul posto a vedere quello che succede? Ma forse è meglio fare tutto con le veline ufficiali, non si rischia di mettere in circolazione informazioni che possano dare fastidio.
Sempre nello stupidario del delirio collettivo, Giani Riotta dalle colonne di Repubblica cita un fantomatico studio della Columbia University in cui si farebbe una sorta di lista di proscrizione tra chi è filo Putin in Italia: roba degna del periodo fascista più che del tanto esaltato “mondo libero”.
Ma il delirio più preoccupante è quello accaduto nel campo della cultura… o almeno quella che dovrebbe essere la cultura. All’Università Bicocca di Milano – non in un centro studi siberiano – il corso dello scrittore Paolo Nori su Dostoevskij viene annullato per evitare polemiche. Per condannare l’attacco di Putin, si cancella un corso su uno scrittore russo morto nel 1881, che nella sua vita fu condannato a morte per una lettura proibita… Chissà se ha mai pensato che sarebbe stato censurato anche dopo la sua morte… e a farlo è un’istituzione che dovrebbe promuovere la libertà e il pluralismo del pensiero! Complimenti.