Pnrr: il Piano Borghi va rivisto
Doveva essere un’occasione per valorizzare il nostro patrimonio storico e culturale, evitando lo spopolamento. Invece il Piano Borghi, messo a punto dal ministero della Cultura, rischia di essere un buco nell’acqua. Presentato lo scorso dicembre con lo stanziamento di un miliardo di euro del Pnrr per il rilancio dei piccoli centri e per ripopolarli, il piano prevede finanziamenti a 250 borghi con i fondi del Pnrr. Se è evidente che non si possono ripopolare tutti i piccoli centri urbani italiani situati in zone periferiche, fa molto discutere l’attuazione della prima fase di questo progetto, che stanzia 420 milioni di euro per 21 borghi, uno per regione o provincia autonoma.
Si tratta infatti di un finanziamento di 20 milioni di euro concentrato in un solo piccolo centro designato dagli enti locali, che servirà per aprire la strada a 580 milioni da distribuire su almeno 229 borghi attraverso un avviso pubblico rivolto ai Comuni, quindi mediamente poco più di 2,5 milioni di euro ciascuno.
La decisione più discutibile del ministro Franceschini è quella di destinare 20 milioni a 21 borghi come progetto pilota. Ma pilota di cosa, se nella fase successiva i finanziamenti per ciascun borgo sono quasi un decimo di quelli pilota? I dubbi sono d’obbligo.
Quelli erogati dal ministero della Cultura sono soldi europei destinati, cito testualmente, “a promuovere progetti per la rigenerazione, valorizzazione e gestione del grande patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presenti nei piccoli centri italiani, integrando obiettivi di tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto dello spopolamento”.
Il progetto pilota del ministero della Cultura ha ricevuto critiche anche dall’Anci, l’associazione dei comuni italiani, e dall’Uncem, unione nazionale comuni comunità enti montani. Un altro punto delicato è la forte collaborazione pubblico-privato prevista dal bando: c’è il rischio che il tornaconto economico immediato metta in secondo piano i realistici orizzonti di sviluppo di una località a medio/lungo termine, dato che una delle ragioni dello spopolamento è la mancanza di adeguate strutture pubbliche, come scuole, ospedali, strade, uffici postali, ecc. Oltre a questi pareri qualificati, c’è l’assurdità di alcune scelte dettate evidentemente dalla necessità da parte delle Regioni di non perdere i finanziamenti, per cui il Friuli-Venezia Giulia sembra voglia candidare la città di Gorizia e il Piemonte la palazzina di caccia di Stupinigi a Torino: come borghi spopolati sono abbastanza surreali.
Il progetto pilota sui borghi è pensato male. C’è fretta di spendere i soldi del Pnrr, ma i progetti vanno costruiti a dovere. Le istituzioni europee valutano ex post le decisioni nazionali, per cui c’è il rischio che questo tipo di progetto possa incorrere in una valutazione negativa da parte delle autorità dell’UE. Non solo. C’è anche il rischio che le scelte dei “borghi pilota” che ricevono i 20 milioni di euro siano dettati più da valutazioni elettorali e di supporto, piuttosto che da una reale volontà di sviluppare un progetto ad ampio raggio per affrontare effettivamente lo spopolamento.