Una lezione surreale di pacifismo armato
“Conte non ci dia lezioni. Pd in piazza per la pace. Ma Kiev deve difendersi” L’altolà di Delrio. “Giusto inviare armi, ora spingiamo per un cessate il fuoco”.
Quando ieri ho letto questo titolo sul Qn-Quotidiano Nazionale pensavo che il titolista si fosse sbagliato. E allora ho letto anche tutta l’intervista. Non si era sbagliato.
In effetti non ci avevo pensato, per raggiungere l’obiettivo del cessate il fuoco in Ucraina la strada migliore è quella di mandare altre armi: soluzione estremamente intelligente. Soprattutto dopo che il governo Renzi, di cui Delrio faceva parte, ha rifornito la Russia di armi. Ma, sottolinea, “siamo totalmente pacifisti”. Totalmente? Cosa vuol dire? Perché si può essere anche ‘parzialmente’ pacifisti?
Per dimostrare il pacifismo del Pd, Delrio ricorda che “abbiamo approvato una legge che metta al bando i finanziamenti alle aziende che producono mine a grappolo”. Giusto, giustissimo, doveroso: togliamo i finanziamenti poi a quelle stesse aziende compriamo le armi con i soldi pubblici, invece che usarli per imprese e famiglie in difficoltà… ma non è finanziamento, ci mancherebbe.
E ancora: “Bisogna combattere le ingiustizie, ma resistere alla suggestione della corsa agli armamenti e alla logica del nemico da uccidere. La pace si fa col nemico”. E per resistere alla corsa agli armamenti mandiamo armi all’Ucraina, non male come idea. Come cercare di fare la pace chiamando la controparte ‘il nemico’: il passo giusto per distendere il clima e proporsi come interlocutore per una risoluzione diplomatica del conflitto.
Poi dall’alto del suo curriculum nei governi che vendono armi alla Russia e ora li inviano all’Ucraina, critica Giuseppe Conte per l’aumento della spesa militare durante il suoi due governi (uno con il Pd, per altro), ma soprattutto lo attacca perché si dice progressista: “Non ci dia lezioni su come occuparci degli ultimi”. E forse è proprio per questa grande abilità che gli elettori non hanno votato il Pd.
E sulla crisi del Pd? Beh dopo essere stato lettiano di ferro, renziano di ferro, zingarettiano di ferro e nuovamente lettiano, ora si dice “per il partito che raccoglie le culture e la vitalità della società come nel progetto originario” e “se abbandona quel progetto non mi sentirò più casa mia”. Con un programma così, si prepara praticamente a tutte le situazioni.