Mattarella: un bis per rimediare
Abbiamo un nuovo Presidente della Repubblica. O meglio abbiamo sempre lo stesso Presidente della Repubblica, ma di nuovo.
Non ho seguito il suo discorso in Parlamento, sinceramente volevo evitarmi la pletora di applausi. E ho fatto bene. Mi sono poi letta con calma in ufficio il suo discorso assolutamente condivisibile nella sua genericità su molti punti.
Poi, forse l’argomento che mi interessava di più, il presidente Sergio Mattarella passa a parlare delle “nostre magistrature” che definisce, ovviamente, “elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della società”. E qui comincia un discorso davvero interessante quando sottolinea l’esigenza di “un profondo processo riformatore”.
“Per troppo tempo – continua Mattarella – (la giustizia) è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività”. Sottolineando il pieno rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura, il presidente indica che “l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini”.
E qui si entra nella sostanza. Vi riporto l’ultima parte per intero.
“È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio Superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario. Occorre per questo che venga recuperato un profondo rigore.
In sede di Consiglio Superiore ho da tempo sottolineato che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va ritrovato con urgenza.
I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone”.
Sante parole. Ma una domanda mi sorge. Nei sette anni precedenti, Sergio Mattarella non era già presidente della Repubblica e come tale presidente anche del Consiglio Superiore della Magistratura? Cosa ha fatto in tale veste per evitare correntismi, ridare credibilità alla Magistratura e recuperare la fiducia dei cittadini in una giustizia giusta? In qualità del presidente del Csm poteva sciogliere l’organo di autogoverno per metà dimessosi perché sputtanato dalle chat di Palamara pubblicate su tutti i quotidiani. Non lo ha fatto.
Poteva indignarsi almeno un po’ quando venivano emesse circolari che andavano palesemente contro il codice etico della Magistratura, per salvare il salvabile.
Poteva sollevare qualche dubbio sul trattamento riservato dal Csm ad alcuni magistrati sanzionati e ad altri a cui è stata evitata la sanzione perché non sono state usate le chat che li avrebbero ‘inchiodati’ alle loro responsabilità. Ma lo sappiamo, bisogna “salvare il soldato”.
Avrebbe potuto pensare, almeno pensarlo, non dico andare oltre, che se Palamara si accordava per la nomina dei magistrati, questi accordi non li poteva fare da solo. Però Palamara è stato radiato dalla magistratura (e ci sta pure), mentre altri, anzi altre, vengono riverite come seconda carica dello Stato (che lui rappresenta) e addirittura hanno rischiato di essere al suo posto.
Infine, ma purtroppo è la cosa che dovrebbe venire prima di tutti, per dare credibilità alla Magistratura bastava che il Csm presieduto proprio da Mattarella come ultimo atto del suo primo settennato, non esautorasse la giustizia amministrativa rinominando un presidente e una vicepresidente della Corte di Cassazione che il Consiglio di Stato aveva dichiarato nomine illegittime.
Bel discorso, bella parole. Ora il presidente Mattarella ha altri sette anni di tempo per tradurle in fatti. Speriamo non gliene servano ulteriori sette.