Falcone: le celebrazioni e la realtà
Il 23 maggio non ho voluto commemorare la strage di Capaci. Non ci sono riuscita a partecipare al “falò delle vanità” di chi spintona per stare in prima fila, dichiararsi il più amico di Falcone e il più acerrimo nemico della mafia. Peccato che in vita Falcone non si fosse accorto di tutti quegli amici, che non si fosse accorto che nella ‘procura dei veleni’ di Palermo facevano di tutto per supportarlo e aiutarlo, che il clima tra i colleghi in realtà fosse rilassato e sereno, come qualche grande magistrato dell’antimafia ha avuto l’ardire di dichiarare recentemente in un processo per diffamazione. Mi domando quanti di quelli che hanno sfilato ieri a Capaci, trent’anni fa hanno brindato ‘festeggiando’ la strage, quanti anche delle primissime file.
Tutti a ripetere le parole di Falcone, tutti a dirsi impegnati a portare avanti la sua eredità… ma vi rendete conto dell’ipocrisia? Vi rendete conto che fine hanno fatto le battaglie di Falcone? Qualche esempio? La Direzione nazionale antimafia voluta da Falcone, cos’è oggi? Tutti i grandi magistrati antimafia impegnati a ricordare Falcone e poi non riversano nemmeno gli atti di indagine nella banca dati della Dna, come sarebbe invece obbligatorio. Qualcuno non lo fa nemmeno per dolo, solo ‘vanità di vanità’.
Per non parlare dei vertici della procura nazionale: qualche “soldato” scelto con il sistema Palamara dopo ore di anticamera e il benestare della politica; altri che arrivano direttamente dai gabinetti dei ministri sempre dello stesso partito politico. Quelli non graditi al sistema, anche se bravi, non possono ambire. Del resto lo stesso Falcone fu scartato per quel ruolo.
E la legislazione antimafia? Quella la stiamo smantellando prezzo per pezzo nel silenzio assordante della maggior parte delle grandi associazioni antimafia, troppo impegnate a costituirsi parte civile nei processi per i risarcimenti, molto meno nel protestare contro una politica che non ha più alcun interesse a parlare di mafia. E che anzi, rispolvera vecchi glorie condannate per contiguità con la mafia per preparare le liste elettorali.
Per non parlare delle rivelazioni trent’anni dopo, delle piste investigative che più che avvicinare alla verità sembrano fatte apposta per creare confusione. Basta. Basta cercare una verità giudiziaria che non arriverà mai. Lo Stato non può processare sé stesso. Cerchiamo la verità storica: leggiamo le carte che già ci sono. Leggiamo chi erano e che cosa hanno fatto quelli che poi sono diventati grandi e blasonati magistrati antimafia. Leggiamo i rinvii a giudizio trasformati all’ultimo momento in archiviazioni. Leggiamo che ruolo avevano i parenti di alcuni di quei magistrati, per esempio in indagini come ‘Mafia e appalti’. Ricordiamo l’interesse di Falcone per Gladio, ricordiamo il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti, confermato e smentito più volte. Perché? E chiediamoci perché non è stato ammazzato a Roma, ma a Capaci con un attentato tanto ‘spettacolare’? Doveva essere a tutti i costi una strage marcatamente di mafia. Peccato che forse la mafia era quella che aveva meno da guadagnare – e di fatto meno ha guadagnato – dalla morte di Falcone. Qual era il patto?
Se qualcuno di quelli che sfilavano ieri in prima fila decidesse di raccontare o, quantomeno, di aprire qualche archivio rimasto segreto si potrebbe anche pensare che effettivamente ci sia la volontà di perseguire la verità, anche solo quella storica. Altrimenti lasciatelo stare, povero Falcone, non scuotetelo come un fantoccio: lasciatelo riposare in pace.